Per appuntamenti chiamare dopo le 14:00 allo 02 76013185 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Diagnosi

I sintomi della sindrome da disfunzione lacrimale e della disfunzione delle ghiandole di Meibomio possono essere identici a quelli di altre patologie oculari. I test diagnostici dovrebbero essere condotti basandosi sulla loro utilità nel classificare

il tipo di sindrome da disfunzione lacrimale e nel quantificare la severità del quadro. Nello specifico, i test diagnostici dovrebbero essere eseguiti per stabilire il grado di severità della malattia al fine di guidare le scelte terapeutiche e di seguire il paziente durante il follow-up. Diversi test e strumenti diagnostici sono entrati in uso in clinica per fornire un valido supporto nella diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale e di meibomite. Sebbene molti di questi test risultino utili, non è clinicamente applicabile eseguirli tutti in maniera indistinta. La sequenza di esecuzione dei test diagnostici che si è rilevata maggiormente utile in clinica è la seguente: storia clinica, questionari sulla base dei sintomi riferiti dal paziente, tempo di rottura lacrimale con fluoresceina (Breakup Time, BUT), colorazioni vitali della superficie oculare, test di Schirmer, valutazione delle ghiandole di Meibomio (Tabella 3).

Tabella 3. Test diagnostici nella sindrome da disfunzione lacrimale.

Sequenza pratica dei test diagnostici

  • Storia clinica
  • Questionari sui sintomi
  • BUT
  • Colorazioni vitali
  • Test di Schirmer
  • Morfologia palpebrale e delle ghiandole di Meibomio
  • Espressione delle ghiandole di Meibomio
  • Eventuali test aggiuntivi

Lo scopo dell'esecuzione dei test diagnostici risiede nella caratterizzazione di alcuni indicatori fondamentali della gravità della malattia come livello di fastidio oculare, sintomi visivi, infiammazione della superficie oculare, disfunzione palpebrale, disfunzione delle ghiandole di Meibomio, produzione quantitativa lacrimale, stabilità del film lacrimale. I paragrafi seguenti illustreranno la sequenza corretta di esecuzione dei test, come devono essere eseguiti e quali informazioni vanno estrapolate dai risultati di ciascuno di essi.

Storia clinica

Siccome i sintomi della sindrome da disfunzione lacrimale e della disfunzione delle ghiandole di Meibomio possono essere simili a quelli riscontrati in altre patologie oculari, la diagnosi di occhio secco richiede un approccio sistematico e mirato. La storia clinica è un aspetto cruciale in quanto permette di caratterizzare la patologia dell'occhio secco. Vanno raccolte con estrema cura le informazioni riguardanti la frequenza d'insorgenza e la gravità dei sintomi oculari e quelle riguardanti le ricadute sulla funzione visiva. L'approccio appropriato prevede l'identificazione di una serie di sintomi soggettivi che conducano ad un algoritmo diagnostico in ambito di sindrome da disfunzione lacrimale. Questi sintomi possono includere visione offuscata, senso di secchezza oculare, bruciore, sensazione di spilli a livello della superficie oculare, senso di corpo estraneo, fotofobia, prurito, senso di pesantezza oculare, senso di sabbia.

Successivamente bisogna quantificare il grado di severità della patologia e stabilire la presenza o meno di fattori esacerbanti il quadro clinico (esposizione a fumo, vento, caldo secco, bassa umidità, concentrazione visiva prolungata). In seguito, deve essere redatta una lista completa dei farmaci che il paziente assume in quanto sovente interferiscono sulla produzione lacrimale. Infine, vanno indagate possibili associazioni con malattie sistemiche come la Sindrome di Sjogren oppure altre malattie sistemiche che possono causare occhio secco. L'obiettivo primario nella raccolta di un'accurata storia clinica nell'ambito della sindrome da disfunzione lacrimale consiste nello stabilire il livello di discomfort oculare e nel determinare se i sintomi sono episodici oppure costanti.

Questionari

I questionari sulla base dei sintomi riportati dal paziente possono essere molto utili per stabilire il grado di malattia come indicatore di riferimento per il monitoraggio dell'efficacia terapeutica. Una serie di differenti questionari approvati sono stati creati per l'utilizzo nei pazienti con sindrome da disfunzione lacrimale: Women's Health Study, International Sjogren's Classification, Schein, McMonnies, Ocular Surface Disease Index (OSDI), Candees, Dry Eye Questionnaire (DEQ), IDEEL. Possono variare nel numero di domande da 3 a 57. I questionari possono risultare di utilità diagnostica in ambito di occhio secco, nell'identificare i fattori aggravanti la patologia e nel determinare qual è l'impatto della malattia sulla qualità di vita del paziente. La scelta di un questionario piuttosto che un altro dovrebbe riflettere le necessità dell'oftalmologo.

Breakup Time (BUT)

Il tempo di rottura del film lacrimale dopo colorazione con fluoresceina (BUT) è un indicatore fondamentale della stabilità lacrimale ed uno dei test clinici più semplici per fare diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale. Considerato da molti un segno patognomonico di occhio secco, un breve tempo di rottura del film lacrimale si verifica praticamente in tutte le condizioni che danno origine a sindrome da disfunzione lacrimale. Qualche autore suggerisce che il BUT possa differenziare una sindrome da disfunzione lacrimale da ridotta produzione lacrimale da una sindrome da disfunzione lacrimale da eccessiva evaporazione lacrimale associata con disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Il BUT misura la qualità del film lacrimale. In pratica, questo test può essere eseguito sia tramite colorazione della superficie oculare mediante fluoresceina sia senza colorante (test non invasivo). Il risultato del BUT è misurato utilizzando la tecnica postulata originariamente da Norn e successivamente da Lemp e da Holly. Questi autori effettuavano il BUT con fluoresceina e misuravano il tempo trascorso tra l'ultimo ammiccamento completo e la comparsa della prima area di rottura del film lacrimale a livello della superficie oculare. Da allora, diversi autori hanno stabilito che il test risultava maggiormente accurato e riproducibile utilizzando una quantità ridotta e standard di fluoresceina e osservando la superficie oculare con un filtro giallo; questa serie di accorgimenti permette un'osservazione più nitida della dinamica del film lacrimale alla lampada a fessura.

La sensibilità del BUT con fluoresceina è pari al 72.2% con una specificità del 61.6%. Il BUT non invasivo viene condotto valutando l'aspetto del film lacrimale sulla superficie corneale e misurando il tempo intercorso tra l'ultimo ammiccamento completo e la rottura o la distorsione di esso. Il principale vantaggio del BUT non invasivo (senza colorante) risiede nel fatto che non viene introdotto alcun fattore confondente a livello del film lacrimale come la fluoresceina stessa oppure il riflesso di ammiccamento causato dall'instillazione del colorante nel sacco congiuntivale. Se il BUT non invasivo viene eseguito correttamente, la sensibilità è pari all'83% con una specificità dell'85%. Il valore limite per la diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale è inferiore a 10 secondi secondo i dati riportati da Lemp e Hamill nel 1973. Più recentemente, valori minori di 5 secondi e valori minori di 10 secondi sono stati adottati basandosi sui dati riportati da Abelson che suggerisce una diminuzione del limite a 5 secondi quando vengono instillati ridotti volumi di fluoresceina (5 μL di fluoresceina al 2%). Al fine di stabilire il grado di severità della patologia, un semplice test come il Breakup Time permette di quantificare il grado di instabilità del film lacrimale come normale, minore o uguale a 10 secondi, minore o uguale a 5 secondi.

Colorazioni vitali della superficie oculare

L'instillazione di coloranti vitali nel sacco congiuntivale per scopi diagnostici è una procedura comune e di indubbia utilità per identificare patologie della superficie oculare associate con occhio secco. I coloranti più utilizzati sono fluoresceina, rosa bengala e verde lissamina.

La fluoresceina è il colorante più comunemente utilizzato in diagnostica per la sua disponibilità, per la mancanza di effetti tossici sull'epitelio corneale, per l'estrema velocità di diffusione sulla superficie oculare e per la breve durata del suo effetto. Questo colorante penetra negli spazi intercellulari tra le cellule epiteliali corneali e l'impregnazione di colorante sta ad indicare un'aumentata permeabilità epiteliale dovuta alla rottura delle giunzioni intercellulari.

Il rosa bengala è un colorante solubile in acqua specifico per le alterazioni dell'epitelio congiuntivale, corneale e per i filamenti mucosi. Feenstra e Tseng dimostrarono che, a differenza della fluoresceina, il rosa bengala colora le cellule epiteliali corneali sane quando esse non sono protette da un appropriato strato sovrastante di mucina. La colorazione con rosa bengala ha la proprietà unica di evidenziare l'effetto protettivo del film lacrimale a livello della superficie oculare. Il rosa bengala colora inoltre le cellule morte o in fase di degenerazione, le bande mucose impregnate da lipidi e i filamenti epiteliali corneali. Tuttavia, questo colorante può causare significativa irritazione oculare e questo fenomeno ne ha limitato l'utilizzo nella pratica clinica.

Il verde lissamina è stato anch'esso sperimentato come strumento diagnostico per le patologie della superficie oculare ed è stato utilizzato in numerosi studi clinici sperimentali riguardanti la sindrome da disfunzione lacrimale. Il verde lissamina mette in evidenza cellule morte o degenerate e causa minore irritazione dopo utilizzo topico rispetto al rosa bengala.

I coloranti vitali possono risultare utili nella diagnosi di occhio secco e nel monitoraggio della severità della patologia. Diversi studi hanno dimostrato che le colorazioni correlano in maniera affidabile con ridotta produzione lacrimale, tempo di rottura del film lacrimale e produzione della componente mucosa del film lacrimale da parte delle cellule mucipare caliciformi congiuntivali.

La localizzazione dell'impregnazione di colorante può risultare molto utile nella differenziazione delle possibili cause eziologiche di occhio secco. Il modello tipico di colorazione con rosa bengala in ambito di occhio secco comprende la congiuntiva interpalpebrale che appare formata da 2 triangoli le cui basi sono situate a livello del limbus.

Per il monitoraggio della severità di malattia e per la valutazione della risposta terapeutica, l'utilizzo di un sistema di gradazione del coinvolgimento oculare mediante colorazioni vitali potrebbe essere utile. Tre differenti sistemi sono stati concepiti per quantificare il gradi di colorazione della superficie oculare: il sistema van Bijsterveld, il sistema Oxford e la versione standard del sistema NEI Workshop.

Il sistema van Bijsterveld utilizza una scala per gradi che valuta l'intensità di colorazione quantificandola con una scala da 0 a 3 punti in 3 aree: congiuntiva nasale, congiuntiva temporale e cornea. Il massimo punteggio ottenibile con questo sistema è pari a 9.

Il sistema Oxford e il sistema NEI Workshop utilizzando un punteggio con intervalli più ampi, permettendo l'identificazione di variazioni minime nella condizione della superficie oculare.

Test di Schirmer

Il test più comunemente utilizzato per la diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale da ridotta produzione è il test di Schirmer. Viene condotto con o senza anestesia topica introducendo una striscia di carta assorbente all'interno del sacco congiuntivale inferiore dell'occhio e misurando quantitativamente la lunghezza della striscia che viene bagnata dalla lacrima del soggetto.

Il test di Schirmer senza anestesia topica, anche conosciuto come Schirmer I, è la versione più affidabile e riproducibile. Per il test di Schirmer I, van Bijsterveld ha stabilito un valore limite inferiore di 5.5 mm per la diagnosi di occhio secco. Più recentemente, diversi autori e sperimentatori clinici hanno adottato un limite diagnostico minore o uguale a 5 mm.

Jones ha stabilito l'uso di anestetico topico durante l'esecuzione del test di Schirmer (Schirmer II) e ha definito come anormale un limite inferiore a 10 mm in una durata di esecuzione del test pari a 5 minuti.

Sebbene il test di Schirmer sia semplice da eseguire, i clinici riconoscono che la sua estrema variabilità e che la sua scarsa riproducibilità limitino attualmente il valore diagnostico del risultato numerico ottenuto. Svariati autori hanno dimostrato che i risultati, con o senza anestesia topica, sono altamente variabili quando il test viene ripetuto. Lucca ha valutato sensibilità e specificità del test di Schirmer senza anestesia per la diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale e ha riscontrato valori pari al 25% e al 90%, rispettivamente. Tuttavia, utilizzando questo test nell'ambito di un algoritmo che preveda l'integrazione con altre metodiche diagnostiche, l'utilità del test di Schirmer è indubbia. Questo vantaggio risulta particolarmente evidente nella diagnosi di occhio secco da ridotta produzione secondario a Sindrome di Sjogren nel quale il 95% dei pazienti presentano test di Schirmer con risultato minore di 5 mm. Qualora venga sospettata una sindrome da disfunzione lacrimale da ridotta produzione, è importante condurre test addizionali per differenziare le patologie Sindrome di Sjogren-correlate dalle patologie Sindrome di Sjogren-non correlate. Le 3 seguenti rilevazioni oggettive sono utili per documentare la componente oculare in corso di Sindrome di Sjogren e per confermare la diagnosi sistemica: (1) l'assenza del riflesso di ammiccamento naso-lacrimale, (2) il grado di alterazione della superficie oculare evidenziato con colorazione vitale con rosa bengala o con fluoresceina, (3) la presenza di auto-anticorpi sierici.

Il riflesso naso-lacrimale può essere indotto stimolando la mucosa nasale sotto il turbinato medio mediante un bastoncino con un estremità rivestita di cotone.

Esame obiettivo palpebrale e delle ghiandole di Meibomio

La valutazione dello stato palpebrale è un passaggio fondamentale nella diagnosi di sindrome da disfunzione lacrimale al fine di stabilirne l'eziologia, determinare il livello di severità, scegliere il trattamento più idoneo.

La presenza di una significativa disfunzione delle ghiandole di Meibomio suggerisce che l'eziologia è presumibilmente evaporativa intrinseca. Inoltre, stabilire la severità della meibomite risulta di fondamentale importanza per la scelta terapeutica. Terapie come le tetracicline per os, l'azitromicina topica e i secretogoghi possono portare ad effetti benefici nei casi dove la disfunzione delle ghiandole di Meibomio è un fattore eziologico con ruolo preponderante.

L'esame biomicroscopico alla lampada a fessura permette un'osservazione dettagliata delle palpebre e della superficie oculare. Di conseguenza è possibile valutare i segni patognomonici di occhio secco: l'altezza del menisco lacrimale a livello del margine palpebrale inferiore, la perdita o l'orientamento anomalo delle ciglia, la dilatazione dei vasi sanguigni a livello dei bordi palpebrali, lo stato degli orifizi delle ghiandole di Meibomio, i detriti a livello del film lacrimale, lo stato dei puntini lacrimali. La morfologia palpebrale e la qualità delle secrezioni possono essere utilizzate per stabilire il grado di severità di malattia. La trans-illuminazione delle ghiandole di Meibomio può rilevare cisti meibomiane, perdita di acini ghiandolari, cicatrizzazione.

Test addizionali

Esistono diversi test di laboratorio utilizzati per la diagnosi di casi di sindrome da disfunzione lacrimale dove le metodiche precedenti non sono risultate sufficienti. Queste metodiche includono osmolarità del film lacrimale, lisozima lacrimale, contenuto di lattoferrina, test con diluizione di fluoresceina, misurazione della componente mucosa, citologia a impressione. Tra tutte queste metodiche, l'osmolarità del film lacrimale può essere considerata la più importante in quanto l'iperosmolarità è un aspetto fisiopatologico unificante di tutte le forme di sindrome da disfunzione lacrimale. Studi clinici suggeriscono che valori di osmolarità del film lacrimale superiori a 316 mOsm/L siano suggestivi di occhio secco. Sebbene il ruolo della misurazione dell'osmolarità del film lacrimale sia dimostrato ampiamente in letteratura, la sua utilità in ambito clinico-diagnostico è limitata dalla necessità di laboratori specializzati e attrezzati per l'esame del film lacrimale e la lettura del risultato di osmolarità. Tuttavia, recentemente, sono stati sviluppati strumenti utilizzabili in clinica in grado di misurare l'osmolarità lacrimale e di fornire il risultato in tempo reale, senza dover inviare il campione prelevato ad un laboratorio specializzato.

Un approccio sistematico alla patologia da occhio secco dovrebbe contemplare la valutazione di tutti i differenti aspetti della stessa.

In primo luogo, i test diagnostici dovrebbero fornire un valido supporto nella determinazione dell'eziologia della malattia. In particolare, utilizzando un approccio diagnostico che valuti sia la produzione lacrimale sia la stabilità lacrimale sarà possibile definire la sindrome da disfunzione lacrimale come da ridotta produzione lacrimale oppure da eccessiva evaporazione del film lacrimale. Una produzione lacrimale normale viene comunemente riscontrata in casi di occhio secco secondario a disfunzione delle ghiandole di Meibomio.

In secondo luogo, i test diagnostici dovrebbero fornire informazioni riguardo il grado di severità della patologia; nella sezione successiva verrà discusso su come utilizzare sintomi e segni per quantificare il livello di severità. Sia i questionari sui sintomi riferiti dal paziente sia le colorazioni di superficie risultano di grande utilità per questo scopo.

Infine, i test diagnostici forniscono dei parametri di riferimento per valutare la risposta terapeutica e per seguire la sua evoluzione nel tempo.

Determinazione del grado di severità

Nel 2006, l'International Task Force (ITF) Delphi panel sulla sindrome da disfunzione lacrimale presentò un sistema di classificazione della patologia in base alla severità. Al fine di determinare indicazioni utili per il trattamento, il Delphi panel stabilì i livelli di severità della sindrome da disfunzione lacrimale e una sequenza codificata per la valutazione del paziente. Le rilevazioni effettuate codificarono importanti parametri come livello di discomfort oculare, sintomi a carico della funzione visiva, iperemia congiuntivale, colorazioni congiuntivali, colorazioni corneali, patologia palpebrale, tempo di rottura del film lacrimale con fluoresceina, test di Schirmer.

La determinazione del livello di severità è di fondamentale importanza nella valutazione del paziente affetto da sindrome da disfunzione lacrimale in quanto non solo fornisce un punto di partenza per determinare il trattamento più adeguato da intraprendere ma permette anche di seguire nel tempo l'evoluzione della malattia.

Ti è piaciuto questo contenuto? Condividilo sui social